A diciotto anni Giuseppe
Gulotta, giovane
muratore con una vita come tante,
viene arrestato e costretto a confessare
l’omicidio di due carabinieri
ad “Alkamar”, una piccola caserma in
provincia di Trapani.
Il delitto nasconde un mistero indicibile:
servizi segreti e uomini dello Stato
che trattano con gruppi neofascisti,
traffici di armi e droga. Per far calare il
silenzio serve un capro espiatorio, uno
qualsiasi. Gulotta ha vissuto ventidue
anni in carcere da innocente e trentasei
anni di calvario con la giustizia.
Non è mai fuggito, ha lottato a testa
alta, restando lì come un granello di sabbia all’interno di un enorme ingranaggio.
Fino al processo di revisione (il
decimo, di una lunga serie), ostinatamente
cercato e ottenuto, che lo ha
definitivamente riabilitato.
“Si tratta di uno spettacolo intenso, rigoroso
nel suo disegno e vissuto, recitato,
agito - segmento dopo segmento
- non solo con la certezza “politica”
di fare un servizio concreto alla costruzione
di una seria coscienza libera e
democratica nel nostro paese (una coscienza
che ha il diritto di domandare
e di ottenere risposte), ma anche con
la giusta consapevolezza che l’unica
onestà che il teatro può garantire è la
verità (...). Verità storica, senso politico
e qualità della messinscena, tre ingredienti
in perfetto equilibrio che rendono
importante questo spettacolo che
diversamente, e facilmente, avrebbe
potuto perdere di senso e di profondità”.
(Paolo Randazzo - Dramma.it)